Una testimonianza e una poesia. Per celebrare, a modo nostro, questo 25 aprile.
Ljubka Šorli fu internata nel Campo di Sdraussina e da lì riuscì comunque a trovare parole di speranza e di pace. Pubblichiamo, assieme a una breve testimonianza biografica, una inedita traduzione di una sua poesia scritta proprio a Sdraussina nel 1943.
«Il primo aprile Collotti, con la sua banda, irruppe in casa, erano le due di notte, entrarono saltando il recinto. Con i mitra spianati perlustrarono tutta la casa e poi mi condussero a Trieste. E anche Cilka. Sperai, inutilmente, la lasciassero con i bambini. No, anche lei dovette seguirli. I bambini terrorizzati e in lacrime imploravano che rimanessi a casa con loro. Ma le loro lacrime non intenerirono i cuori di pietra dei fascisti. Tre giorni e tre notti i bambini rimasero con loro, unica persona conosciuta, il dodicenne Marjan Premrl che abitava con noi. Dopo tre giorni, grazie al Vescovo, Jožko Bratuž poté prenderli con sè. (…)
Fui trattenuta all’ispettorato di polizia tutto il mese di aprile, in Via Bellosguardo a Trieste. Dei miei bambini non sapevo nulla, poiché non potevo avere alcun contatto con i parenti. Solo Marjan riuscì un giorno ad avvicinarsi, mentre, sofferente per le percosse, giacevo in un sottoscala, per dirmi che i bambini stavano bene e che si trovavano dagli zii. Delle torture subite in quel luogo non voglio parlare, né delle cose terribili viste. Troppo lungo sarebbe. Accenno soltanto alla cosiddetta “kišta“- (cassetta), – uno degli ordigni di tortura più terribili – e alle percosse con la frusta, quando Collotti mi scaraventava da una parete all’altra per un’ora intera, con indosso i guanti per non rovinarsi le mani, come egli stesso ebbe ad affermare. Smetteva solamente quando cadevo a terra svenuta.
A Sdraussina si conduceva una vita di prigionieri, ma più umana di Via Bellosguardo a Trieste. Qui ho ritrovato tante persone conosciute: dal Tolminotto, dalla Valle del Vipacco e con loro mi sentivo come a casa. Non tremavo ogni istante come davanti alla “cassetta” di Collotti o davanti alla frusta. Qui potevo incontrare i miei bambini che venivano a trovarmi con la zia Željka che accudiva loro in quel periodo, come una seconda mamma. E qui potei anche leggere e scrivere. (…) I cancelli del Campo furono aperti l’8 settembre del 1943. »
SOGNO
Verso la riva dell’Isonzo mi affretto stanca
questa notte –
il suo triste canto inonda
la mia anima.
E come nei giorni lontani il mio adorato
viene a me
e come allora mi abbraccia
d’amore sincero.
Come si sta là dove non ci sono lacrime né dolore
mi racconta
e un mondo nuovo, come favola
mi appare.
Fiduciosa a lui mi appoggio
allora
e del mio dolore gli confido
nel freddo della notte
Ascolta e a sé mi stringe
ancor più forte
a proteggermi dalla tempesta che
nel mondo infuria.
Ma la notte da me lo porta via…
Dov’è andato?
Là fra i cipressi, dov’è la tomba silenziosa,
là se n’è andato.
Lo seguo con gli occhi… Tristemente geme
dalle tenebre.
Ma nel mio cuore limpido, bello è rimasto
il suo ricordo.
tratto da Pogovori srca/Dialoghi del cuore, Memoria pubblicata a 90 anni dalla nascita di Ljubka Šorli, Slavistično Društvo, Nova Gorica, 2002
traduzione del testo e della poesia a cura di Aleksandra Devetak nell’ambito del progetto Di acque e di boschi. Storie e memorie del territorio di Sdraussina
foto: Ljubka con la figlia Lojzka
Il testo è parte della mostra Ljubka Šorli fra di noi, curata da Melanija Kerševan