Quando il conte Filip Janez Kobencelj ottenne la proprietà del castello di San Daniele del Carso, le porte che si affacciavano sul lato di Kobdilj erano di legno. Il conte aveva paura dei ladri così trovò tre fabbri e disse loro di costruire in tre giorni un portone di ferro. I fabbri si misero in fretta al lavoro e lo realizzarono, ma mancò loro il tempo per metterlo in opera perché sopraggiunse la notte. Il conte non si alterò troppo ma ordinò loro di sorvegliare l’ingresso in città.
I tre avevano terribilmente paura che arrivassero i ladri. Così salirono sul tiglio che stava proprio lì vicino. Avevano paura, però, anche per il portone, così lo legarono al tiglio con delle corde. Poi rimasero in silenzio.
Quella notte i ladri vennero veramente a San Daniele e al conte rubarono gli zecchini. Sulla via del ritorno, i ladri presero da qualche parte un tavolo che misero sotto il tiglio e vi sparsero gli zecchini per contarli e dividerli in sette parti, una per ciascuno. A guardarli sembravano molto simili l’uno all’altro, ma uno di loro aveva l’abitudine di tenere sempre la lingua fuori dalla bocca. 
Uno dei fabbri cominciò ad agitarsi. Gli altri due gli intimarono di stare zitto. «Non posso, ho un bisogno urgente, non riesco più a resistere».  «Resisti, resisti!» gli dissero. Ma non poteva, e cominciò ad “annaffiare”. Uno dei banditi, in quel momento, stava proprio contando: «Uno a me, uno a te…» Era così distratto che disse: «Stanotte c’è una notevole rugiada.» Poi continuò a contare. E tutto prosegui  senza inconvenienti. Purtroppo anche il secondo fabbro iniziò ad agitarsi: «Ahimè, il mio bisogno è più forte del tuo, abbiamo mangiato tutte quelle prugne! Adesso ci tocca bella!» Non poteva più trattenersi, così lasciò andare. «Ma oggi piove anche la manna!» disse uno dei banditi. Gli altri non se ne accorsero nemmeno, talmente erano attenti agli zecchini. «Oh, io lo sapevo che non è finita, che non c’è due senza tre» si lamentò il terzo fabbro. «Non ce la faccio più a trattenere questo pesante portone!»
Quelli di sotto avevano appena finito con il conteggio che, il ladrone che teneva sempre la lingua fuori dalla bocca, la spinse in fuori ancora di più. E proprio su di lui precipitò il portone di ferro che gli tagliò la lingua. E cosa accadde allora? I fabbri in cima all’albero si spaventarono poiché il ladrone con la lingua mozza li aveva scoperti. Ma che importava, quando non poteva dirlo? I banditi scapparono, e quello con la lingua mozza li seguì, urlando orribilmente: «Brrbbb, brbb…» Voleva dire loro di aspettarlo, voleva dire loro che la punizione non veniva dal cielo ma solo dal tiglio.
Il Conte ricompensò lautamente tutti e tre i fabbri. E i sette banditi, se non si sono fermarti da qualche parte, probabilmente stanno ancora correndo.

traduzione a cura del Corso di Lingua e Cultura Slovena del Circolo Culturale di Sdraussina coordinato da Aleksandra Devetak
da: Irena Cerar, Pravljične poti zgodovine, SIDARTA, Ljubljana 2009
foto: Štaniel/San Daniele del Carso